Sistema, riforme e settori giovanili: sicuri che il problema sia solo il CT?

Da Prandelli a Spalletti, passando per Ventura e Mancini: quando il CT diventa il capro espiatorio

BASEL, SWITZERLAND - SEPTEMBER 05: Jorginho of Italy reacts during the 2022 FIFA World Cup Qualifier match between Switzerland and Italy at St Jacob Park on September 05, 2021 in Basel, Basel-Stadt. (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

All’indomani del successo azzurro sulla Moldavia per 2-0, sappiamo già che Spalletti non sarà più il CT della nazionale italiana. Domenica infatti, è stato comunicato all’allenatore toscano il suo esonero, con tanto di conferenza a supporto e, da quel momento, l’Italia calcistica si è interrogata sulle problematiche che avvolgono l’intero sistema. Sì, perché nonostante gli inevitabili errori che Spalletti ha commesso durante il suo percorso da CT della nazionale, questo esonero è solo la punta dell’iceberg di un sistema che ormai non funziona più.

Non è infatti un mistero che negli ultimi vent’anni, i vertici azzurri abbiano ripetutamente sbagliato tante scelte, sia nelle riforme, sia nella gestione di un sistema ormai diventato saturo e che si regge su una vecchia scuola mai realmente rinnovata a dovere. A pagare però sono sempre stati i commissari tecnici che si sono susseguiti nel corso degli anni, partendo da Prandelli fino ad arrivare a Spalletti, passando per Ventura e Mancini e con la sola parentesi Conte che si è salvata dalle polemiche, complice anche un percorso stupendo fatto con una squadra che non si ricorderà particolarmente per la cifra tecnica.

Eccezion fatta per Ventura, che non aveva esperienza internazionale di alcun tipo al momento dell’ingaggio, gli altri erano considerati tutti ottimi allenatori da cui ripartire, con alcuni risultati importanti a supporto: Prandelli, infatti, portò la nazionale alla finale di Euro 2012 con una cavalcata stupenda, per poi fallire durante i mondiali brasiliani del 2014

Ci aveva illuso la vittoria di Euro 2020, quando nel cielo di Wembley, gli azzurri di Mancini avevano sollevato il secondo Europeo della loro storia per poi, qualche mese dopo, non riuscire a qualificarsi ad Mondiale del 2022, dopo aver già saltato quello russo del 2018.

E allora, perché tutti questi alti e bassi? Le risposte possono essere molteplici: dalla mancanza di calciatori di un certo livello, ai settori giovanili che producono sempre meno talenti, arrivando solo alla fine agli errori dei CT e di chi scende in campo. Per quel che ci riguarda, la verità è molto semplice: in Italia non si è rinnovato a sufficienza. Servirebbero nuove riforme atte a favorire la crescita di giovani calciatori da portare in prima squadra, così come servirebbe più sviluppo tecnico dei ragazzi in giro per i settori giovanili, dove si predilige sempre più il fattore fisico.

Non solo: nelle categorie inferiori ci sono tanti ragazzi la cui carriera calcistica non riesce a svilupparsi per questioni che col campo, non hanno mai avuto a che fare: dai rapporti con i procuratori a chi porta sponsor alle società, viviamo un’epoca che ha alla base un sistema marcio che, purtroppo, si ripercuote sul campo e sui risultati, con la percezione abbastanza inquietante che, inoltre, si sia persa un po’ di identità e appartenenza verso la maglia azzurra. E tutto questo, purtroppo, ritarderà il processo della rinascita azzurra di cui abbiamo un disperato bisogno.

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