di Raniero MERCURI | 17 marzo 2014
A vederla così potrebbe sembrare la classica stagione storta, maledetta, sfortunata. Il cambio di allenatore in corsa, i continui e a volte inspiegabili infortuni (ElShaarawysu tutti), le prestazioni sconcertanti di alcuni giocatori e chi più ne ha più ne metta.
Ma spiegarla così non è sufficiente, non può esserlo per analizzare un’annata a dir poco grottesca, non soltanto sul rettangolo verde di gioco, dove anche se ne sono viste un po’ di tutti i colori, quanto piuttosto fuori dal campo, all’interno di quella società che per anni è stata sinonimo di solidità e compattezza, rappresentando per il calciatore una base sulla quale contare e soprattutto verso la quale dover continuamente dimostrare il proprio valore, in altre parole dimostrare di essere “da Milan”, come si usava ripetere fino a qualche tempo fa.
Proprio su questo tipo di base poggiavano i successi rossoneri, che poi si traducevano sul campo nell’espressione di campioni straordinari e di imprese memorabili, soprattutto in ambito europeo. Ebbene, questa base non esiste più, come dire che le radici sulle quali poggia una quercia secolare si stiano pian piano sgretolando, facendo mancare stabilità al tutto
Da qui nascono a nostro avviso le delusioni dell’ultimo Milan, da un assetto societario sempre più instabile e non più in grado di gestire con autorità e con rigore i vari aspetti della vita dei giocatori e di tutto lo staff tecnico in generale. A testimonianza di ciò gli innumerevoli comportamenti fuori le righe del giocatore che teoricamente dovrebbe rappresentare la punta di diamante, ossia Balotelli, le cui “performance” fuori dal campo non hanno fatto altro che arrecare danno e imbarazzo a tutta la società.
Ma da dove nasce questa “instabilità” societaria? Molto probabilmente dall’entrata in scena di Barbara Berlusconi, che legittimamente rivendica un ruolo di primo piano nel club in quanto figlia del Presidente e in un certo senso “ereditaria” della società. Molto più discutibile e senza dubbio meno legittimo il modo in cui Lady B è entrata nelle sfere di competenza di Adriano Galliani, il vero e proprio storico braccio destro del Cavaliere da quando quest’ultimo acquistò il “Diavolo” nel 1986 da Giussy Farina, aprendo un’epoca d’oro. Grande uomo di calcio ma anche di potere Galliani, è stato da sempre abituato e tenere in mano tutti gli aspetti, anche quelli più marginali, del club rossonero, prostrandosi diremmo quasi religiosamente soltanto alle decisioni inconfutabili del Presidentissimo. Dopo trent’anni di abitudine a “comandare” e gestire ogni aspetto che riguardasse la vita della società, l’arrivo del “tornado” Lady B, avallato dal Cavaliere,non può che aver provocato un terremoto di enormi proporzioni in seno al club, dando vita a mesi di continue battaglie dialettiche tra i duellanti rossoneri, aperte per la verità soprattutto da Barbara che a più riprese ha evidenziato la volontà di impossessarsi di quel ruolo “dominante” ricoperto per decenni da Galliani.
La freddezza tra i due emerge in modo visivamente palese durante la sfida di Champions tra Barcellona e Milan disputatasi al Camp Nou diversi mesi fa: seduti uno accanto all’altra, i due si sono quasi complessivamente ignorati, dimostrando grande freddezza reciproca. Da lì in poi un susseguirsi di malumori ed incomprensioni, fino alle dimissioni di Galliani, poi rientrate in seguito alla cena di Arcore dove il Presidente ha tentato di ricucire la situazione, arrivando ad una divisione delle cariche, per cui a Barbara sarebbe spettata la gestione della parte amministrativo-finanziaria del club, mentre al fido Galliani quella sportiva, per buona pace di tutti.
Si rivelerà ben presto una decisone-“palliativo”, che non riuscirà a risolvere del tutto la situazione relativa alla convivenza tra le parti, basti pensare alla parole di Lady B appena successive a Sassuolo-Milan 4-3 nei confronti dell’allora tecnico rossonero Allegri, con le quali Barbara ne dichiarò sostanzialmente l’esonero, invadendo chiaramente il campo “sportivo” di competenza di Galliani.
Molti giustamente potranno obiettare: “ma cosa c’entra tutto questo con il rendimento deficitario di giocatori probabilmente non all’altezza dei campioni passati?”. C’entra eccome. Perché sicuramente il Milan non possiede un parco giocatori all’altezza della Juventus e neanche di Roma e Napoli, ma altrettanto certamente non è neanche un organico che può ridursi a lottare per il nono o decimo posto in classifica e di fare figure simili a quella fatta in Champions a Madrid contro l’Atletico, priva di orgoglio e carattere.Per cui, oltre ai necessari acquisti da fare in sede di calciomercato, oltre alla riflessione sulla possibilità o meno di un nuovo cambio tecnico alla guida della squadra, c’è un problema di fondo, strutturale: quello societario.
Vediamo solamente una via d’uscita in tal senso: o continuare con il vecchio assetto che ha fatto grande il Milan, oppure cambiare radicalmente e aprirsi al futuro, cosa che inevitabilmente prima o poi andrà fatta. Continuare in questo modo non farà risorgere il “Diavolo”, ma renderà sempre più buio il suo inferno.