Road to Qatar 2022: Brasile 1950

Scopri con Football-Magazine l’affascinante storia dei Mondiali di calcio dalla prima edizione del 1930 fino a Qatar 2022.

Dopo la pausa forzata per via della seconda guerra mondiale, in Brasile dal 24 giugno al 16 luglio 1950 tornò di scena il campionato mondiale di calcio con la quarta edizione. Per la prima volta intitolato al suo creatore Jules Rimet, da 25 anni alla presidenza della FIFA, il trofeo fece ritorno in Sud America. L’Europa era gravemente provata dalle distruzioni dalla Seconda guerra mondiale, durante una conferenza in Lussemburgo il 26 luglio 1946, il Brasile si candidò unico paese, come organizzatore per l’anno 1950, ripresentando la stessa proposta che aveva già avanzato per l’edizione cancellata del 1942. La FIFA accettò quasi subito, esorcizzando così la concreta paura che il torneo potesse cadere nel dimenticatoio. La Germania Ovest e il Giappone, le due nazioni ritenute le maggiori responsabili della guerra, furono escluse in partenza, così come era successo per i Giochi Olimpici di Londra del 1948. L’Italia venne invitata da campione in carica e Ottorino Barassi, presidente della Federcalcio, non solo era vicepresidente della FIFA ma era anche la persona che si era incaricata della custodia del prezioso trofeo durante gli anni burrascosi della guerra. Inizialmente gli azzurri tentennarono, il paese era ancora in fase di ricostruzione dopo la fine della guerra. Perché i detentori accettassero l’invito probabilmente fu decisiva l’offerta della FIFA, che aveva promesso di pagare alla delegazione azzurra tutte le spese necessarie per la trasferta, viaggio che avvenne in nave e non in aereo, a causa dello shock che aveva provocato appena un anno prima la Tragedia di Superga, incidente aereo che segnò la fine dell’epopea del Grande Torino.

Per la prima volta le quattro federazioni britanniche si iscrissero alla competizione, il tradizionale British home championship degli anni 1949-’50 servì loro da girone di qualificazione, torneo che vinse l’Inghilterra. La Scozia, classificatasi seconda, avrebbe avuto pari diritto a disputare il torneo, ma gli scozzesi dichiararono preventivamente che avrebbero preso parte al mondiale solo se fossero giunti primi nel proprio girone, quindi tennero fede alla propria parola, dando forfait. Nel complesso i meccanismi delle qualificazioni al mondiale 1950 furono poco chiari, a causa delle precarie condizioni economiche e sociali di molti paesi che ancora portavano le ferite del conflitto mondiale, vi furono numerose defezioni ed esclusioni. Nel tentativo di correre ai ripari assicurando alla competizione il numero minimo di partecipanti, la FIFA finì per ripescare anche squadre precedentemente eliminate. Poco prima dell’inizio del torneo, l’India fu squalificata, guidata in Sud America dal capitano Rajani e dal centravanti Rohan, disponevano di una buona formazione, ma il regolamento vietava di giocare a piedi nudi, come erano soliti fare gli atleti indiani, dato che vi erano stati casi in partite di qualificazione dell’India dove gli atleti avevano finito con i piedi insanguinati a causa dei contrasti, infatti uno degli attaccanti e lo stesso Rohan, persero ben tre dita dei piedi, e da quel momento non poté più giocare a calcio. Oltre alle citate India e Scozia, mancò l’appuntamento anche la Turchia, così presero parte al torneo solamente tredici squadre: cinque sudamericane, due nordamericane e sei europee, il minor numero di sempre al pari con l’edizione del 1930.

Le esclusioni portarono alla compilazione di due gironi da quattro squadre, uno da tre e uno addirittura da due sole formazioni. Le quattro vincitrici dei suddetti raggruppamenti sarebbero poi confluite in un ulteriore girone finale all’italiana, che caso unico nella storia della rassegna iridata, avrebbe assegnato il titolo alla nazionale prima classificata, senza quindi la disputa di una canonica finale. L’Italia, formalmente ancora campione del mondo in carica, anche se gli eventi bellici avevano fatto sì che fossero trascorsi ben dodici anni dalla precedente edizione del torneo iridato, venne inserita nel girone da tre con Svezia e Paraguay. Gli azzurri persero all’esordio contro gli scandinavi per 3-2, un risultato che la condannò visto che i rivali pareggiarono l’incontro successivo con il Paraguay, rendendo inutile la vittoria finale degli italiani sui deboli sudamericani. I motivi della débâcle furono riconducibili al lungo decennio passato dall’impeccabile Italia di Pozzo, ma soprattutto al disastro aereo di Superga, che solo dodici mesi addietro aveva privato la squadra azzurra di almeno nove undicesimi dei suoi titolari. Proprio lo shock di Superga aveva lasciato pesanti tracce nella psicologia di tutto il calcio italiano, l’emozione degenerò in psicosi quando la delegazione tricolore si rifiutò di prendere l’aereo per recarsi in Brasile, preferendo alla trasvolata oceanica un massacrante viaggio con la nave Sises da Napoli fino a Santos e poi via terra fino a San Paolo, lungo tre settimane, i calciatori arrivarono in Sudamerica stanchi e poco allenati, infatti cercarono di allenarsi sul ponte della nave ma durante il viaggio tutti i palloni finirono in mare, col grande caldo e la precaria sistemazione che influirono ulteriormente sulla cattiva prestazione azzurra.

La più grande sorpresa della fase preliminare arrivò comunque dai supposti maestri dell’Inghilterra che, dopo l’esordio vittorioso contro il Cile, persero incredibilmente contro gli Stati Uniti, un 1-0 a cui molti tifosi inglesi, leggendo i quotidiani l’indomani non vollero credere, immaginando un refuso di stampa, e che in molti ritengono tuttora uno dei momenti più scioccanti nella storia sportiva della nazione, una partita entrata nell’immaginario della cultura anglosassone, descritta in un romanzo di Geoffrey Douglas e a sua volta trasposta nel film: In campo per la vittoria. I britannici persero poi col medesimo risultato anche contro la Spagna, venendo così eliminati al primo turno a vantaggio degli iberici. Al girone finale presero dunque parte la Svezia, la Spagna, l’Uruguay , che aveva battuto 8-0 la Bolivia nell’unico gironcino a due, e i padroni di casa del Brasile, largamente favoriti. Dopo due giornate, il Brasile conduceva la classifica del girone con 4 punti, frutto di due roboanti vittorie (13 gol fatti e 2 subiti) contro le due europee. Inseguiva l’Uruguay che nelle prime due partite del girone finale, aveva faticato più del previsto, ma che era ormai l’unico a poter togliere alla squadra ospitante, a cui sarebbe bastato un pareggio, la gioia del primo titolo. Quella che era praticamente una finale venne disputata il 16 luglio 1950 di fronte a un pubblico di oltre 170 000 persone, ma stime non ufficiali parlano di almeno 200 000 allo Stadio Maracanã di Rio de Janeiro. Le due squadre si erano affrontate nella Copa Rio Branco giocata in Brasile solo due mesi prima in tre match, le due compagini quindi, seppur con caratteristiche molto diverse, si equivalevano, e a differenza di Spagna e Svezia, gli uruguaiani erano abituati alle sfide nei grandi stadi sudamericani, oltre a essere tatticamente i più preparati.

I padroni di casa passarono in vantaggio con Friaça all’inizio del secondo tempo ma, quando i giochi sembravano fatti, l’Uruguay prima pareggiò con, Schiaffino, per poi passare in vantaggio con Ghiggia, dando vita a quello che in tutto il mondo è ricordato come il Maracanazo. Ossia un dramma per tutto il paese, tanto che venne proclamato lutto nazionale e molta gente che aveva scommesso tutti i suoi averi sulla vittoria del Brasile finì in rovina o si suicidò. La nazionale brasiliana abbandonò persino il vecchio colore delle casacche per passare ad una divisa verde e oro che riprendeva i colori della bandiera nazionale, mantenendo solo i calzettoni del colore originale come promemoria dell’accaduto mentre in ‘Uruguay si festeggiò la seconda vittoria in due partecipazioni.

Davide Piteo

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Redazione

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